EMDR – La desinsibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari

Negli ultimi anni ci sono stati più studi e ricerche scientifiche sull’’EMDR che su qualsiasi altro metodo usato per il trattamento del trauma e dei ricordi traumatici.
I risultati di questi lavori hanno portato questo metodo terapeutico ad aprire una nuova dimensione nella psicoterapia. L’efficacia dell‘EMDR è stata dimostrata in tutti i tipi di trauma, sia per il Disturbo Post Traumatico da Stress che per i traumi di minore entità.
Nel 1995 il Dipartimento di Psicologia Clinica dell’’American Psychological Association ha condotto una ricerca per definire il grado di efficacia di questo metodo terapeutico e le conclusioni sono state che l’EMDR è non solo efficace nel trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico ma che ha addirittura l’’indice di efficacia più alto per questa categoria diagnostica.

L’EMDR è un approccio complesso ma ben strutturato che può essere integrato nei programmi terapeutici aumentandone l’’efficacia. Questa metodologia utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’’equilibrio eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Si basa su un processo neurofisiologico naturale, legato all’’elaborazione accelerata dell’’informazione.

Considera tutti gli aspetti di una esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici.

L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale e si basa sull’’ipotesi che c’è una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico. L’EMDR considera tutti gli aspetti di una esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici: quando avviene un evento ”traumatico” viene disturbato il naturale equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’’elaborazione dell’’informazione.
Si può affermare che questo provochi il ”congelamento” dell’’informazione nella sua forma ansiogena originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto. Questa informazione ”congelata” e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici.
I movimenti oculari saccadici e ritmici usati con l’immagine traumatica, con le convinzioni negative ad essa legate e con il disagio emotivo facilitano la rielaborazione dell’’informazione fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. Nella risoluzione adattiva l’’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo.
Le ricerche condotte su vittime di violenze sessuali, di incidenti, di catastrofi naturali, ecc. indicano che il metodo permette una desensibilizzazione rapida nei confronti dei ricordi traumatici e una ristrutturazione cognitiva che porta a una riduzione significativa dei sintomi del paziente (stress emotivo, pensieri invadenti, ansia, flashbacks, incubi).
Infatti, questa nuova forma di psicoterapia è stata rivolta inizialmente al trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), ma attualmente è un metodo ampiamente utilizzato per il trattamento di varie patologie e disturbi psicologici.

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L’EMDR è usato fondamentalmente per accedere, neutralizzare e portare a una risoluzione adattiva i ricordi di esperienze traumatiche che stanno alla base di disturbi psicologici attuali del paziente.

Queste esperienze traumatiche possono consistere in:

Piccoli/grandi traumi subiti nell’età dello sviluppo;
Eventi stressanti nell’ambito delle esperienze comuni (lutto, malattia cronica, perdite finanziarie, conflitti coniugali, cambiamenti importanti);
Eventi stressanti al di fuori dell’esperienza umana consueta (incidenti stradali o di altro tipo, episodi di violenza fisica o psicologica), disastri naturali (terremoti, inondazioni);
Ogni evento che risulti fisicamente o psicologicamente “ingestibile”.

L’applicazione clinica dell’EMDR prevede un protocollo specifico strutturato in 8 parti

Le 8 fasi del protocollo EMDR
La terapia EMDR prevede otto fasi e solo alcune di queste prevedono la stimolazione bilaterale alternata. La prima fase è quella della raccolta anamnestica, della valutazione delle condizioni del paziente e delle sue possibilità di trarre beneficio dall’EMDR, della messa a punto del piano terapeutico. In questa fase viene esplorata la storia del paziente e vengono identificati gli eventi passati responsabili dell’attuale sintomatologia. Fra questi, saranno scelti i ricordi da elaborare (i cosiddetti “ricordi target”) con il protocollo EMDR, che costituiranno quindi gli obiettivi dell’intervento. Sono anche vagliate situazioni attuali e scenari futuri che possono attivare la sintomatologia. Nella seconda fase il paziente viene preparato al trattamento, gli viene spiegato in che cosa consiste l’EMDR e gli viene richiesto il consenso informato. Si lavora anche sul rinforzo delle sue risorse, in modo che possa sopportare l’inevitabile quota di stress derivante dalla riesposizione al materiale traumatico. Nella terza fase si accede direttamente al ricordo target scelto per l’elaborazione. Il paziente è guidato all’identificazione della parte peggiore dell’evento, delle convinzioni negative su di sé costruite a partire dal fatto, delle emozioni e delle sensazioni corporee che esso attiva ancora mentre il paziente si focalizza sul ricordo. Il paziente è anche invitato a individuare la convinzione positiva che vorrebbe arrivare a poter esprimere rispetto all’episodio traumatico. La quarta fase è quella della desensibilizzazione. Viene richiesto al paziente di focalizzarsi su tutti gli elementi del ricordo dell’evento precedentemente individuati. Egli è istruito a “lasciare andare la mente” e, semplicemente, a notare tutto quello che accade dentro di lui. È a questo momento che viene iniziata la stimolazione bilaterale che verrà somministrata in set brevi, scanditi da ricorrenti momenti di feedback in cui il paziente riferisce su pensieri, emozioni, immagini, sensazioni fisiche che può aver notato. Il terapeuta procede con questa fase fino alla completa desensibilizzazione, cioè fino a quando il paziente, pensando al ricordo traumatico, non prova più alcun disagio emotivo. Nella quinta fase, il lavoro si concentra sulla ricerca di una convinzione positiva riferibile a sé rispetto a quel determinato evento. È proprio in questa fase che emerge come l’elaborazione abbia portato il paziente a un totale cambiamento di prospettiva rispetto all’evento affrontato. Al termine di questa fase, infatti, il paziente arriva a vedere se stesso in modo costruttivo e positivo, esprime valutazioni che rivelano la riconquista di una buona autostima e di fiducia nelle proprie capacità, si sente di nuovo al sicuro e in grado di compiere delle scelte. Nella sesta fase, quella chiamata della “scansione corporea”, il terapeuta chiede al paziente di ripensare all’evento traumatico e alle convinzioni positive su di sé e di ripercorrere tutto il suo corpo per verificare se ci sono ancora delle tensioni o delle sensazioni disturbanti a livello fisico. Nel caso in cui ci siano, si riaffrontano di nuovo con la stimolazione bilaterale, fino alla loro pressoché totale scomparsa. La settima fase è quella della chiusura. Si forniscono al paziente istruzioni su come gestire il tempo fino alla seduta successiva. Nel caso di una seduta incompleta, ossia nel caso in cui l’elaborazione dell’evento non sia stata ancora portata a termine, si suggeriscono al paziente istruzioni mirate al contenimento del materiale ancora da elaborare. Può accadere, infatti, che il cervello, ritrovata la sua naturale funzione adattiva, continui l’elaborazione da solo e che nelle ore o nei giorni successivi alla seduta emergano nuovi ricordi insieme a pensieri diversi, più positivi e funzionali. L’ottava fase è quella della rivalutazione. Nella seduta successiva vengono verificati, per confermarli o per perfezionarli, i risultati del lavoro fatto la volta precedente. Dopo una seduta di EMDR, generalmente, il paziente riporta che lo stress emotivo, le reazioni e i sintomi relativi al ricordo dell’esperienza traumatica sono del tutto scomparsi o almeno fortemente diminuiti. Al suo posto egli ha spesso acquisito importanti insight cognitivi ed emotivi. Tutto ciò si traduce in un cambiamento spontaneo del comportamento e del suo generale atteggiamento verso se stesso, verso gli altri e verso la realtà. Il lavoro futuro sarà pertanto mirato principalmente a rinforzare di questi risultati.

L’elaborazione di un trauma con l’EMDR si basa sulla teoria dell’elaborazione adattiva dell’informazione AIP.

AIP - L'elaborazione adattiva delle informazioni
Secondo il modello di elaborazione adattiva dell’informazione (AIP), le stesse risposte biochimiche elicitate per fronteggiare l’esperienza stressante, quando l’impatto è troppo forte e sopraffà le possibilità di risposta dell’individuo, intervengono per bloccare le informazioni in arrivo, che risultano eccessive. In questo caso, le informazioni collegate al trauma – cioè i pensieri, le emozioni e le sensazioni corporee – che l’esposizione all’esperienza traumatica ha attivato resterebbero bloccate in una stasi neurobiologica che inibisce le normali procedure di registrazione e immagazzinamento. Così, le informazioni collegate al trauma vengono bloccate e restano “intrappolate” in reti neuronali, scollegate dal resto, che mantengono le stesse convinzioni, emozioni e sensazioni fisiche che si erano attivate al momento dell’evento. Il materiale traumatico viene pertanto “congelato” in attesa che si creino le condizioni per la sua elaborazione; le informazioni restano isolate e frammentate in reti neurali che conducono una vita autonoma e non si integrano con le altre conoscenze. Esse vanno, in altre parole, a costruire circuiti di memoria disfunzionali. Un ricordo immagazzinato in modo funzionale è un ricordo che mantiene la possibilità adattiva di collegamento spesso volontario. In questo caso, l’individuo può scegliere di accedere al ricordo e di utilizzarlo in modo costruttivo. Nel caso, invece, di un ricordo immagazzinato in modo disfunzionale, i diversi aspetti dell’esperienza sono frammentati e possono riattivarsi in modo del tutto involontario (flashback, immagini, pensieri automatici, ecc.) assumendo quindi un carattere disadattivo. L’individuo può non comprendere interamente il motivo di quello che sta provando o i meccanismi del suo disagio, che rimangono scollegati dal resto, ma che sono lì, pronti a riattivarsi quando magari uno stimolo che ha con essi una qualche somiglianza li risveglia. Se la riattivazione riguarda materiale che era stato archiviato dopo una opportuna elaborazione, cioè un materiale con cui si ha, ormai, un rapporto quieto e riposato, non ci sono disagi emotivi o sintomi clinici. Ma, se nelle reti neuronali sono rimasti “intrappolati” pensieri ed emozioni disturbanti, oppure sensazioni corporee di tensione – la primitiva risposta all’esperienza stressante – la loro riattivazione inaspettata e incontrollata può avere conseguenze negative, produrre, cioè, sintomi psicopatologici e fisici. Far elaborare al cervello questo eventuale bagaglio vuol dire riportarlo al suo naturale equilibrio, permettendo a esso di concludere un’operazione fisiologica patologicamente interrotta. Un’operazione, quest’ultima, verso la quale il nostro cervello appare predisposto e che, in molti casi, riesce a fare da solo. Qualche volta, invece, neanche con il tempo si riescono a sistemare i residui disturbanti delle esperienze negative che hanno sopraffatto l’individuo. Perché sono state troppo dolorose, oppure perché hanno incontrato una condizione soggettiva di particolare vulnerabilità. Sono noti, infatti, i fattori di rischio – legati per lo più allo stress – che impediscono l’elaborazione adattiva di un evento traumatico. Le esperienze negative dei primi anni di vita, in particolare, possono avere un impatto devastante per l’individuo e diventare la base disfunzionale per sviluppi traumatici successivi.

La ricerca scientifica ha dimostrato che l’EMDR è uno strumento importante per l’elaborazione di quegli eventi negativi che spesso rappresentano un’importante fonte di insorgenza o di scompenso nella depressione, nel disturbo di panico, ma anche nei disturbi fobici, ossessivi, in quelli del comportamento alimentare, nelle dipendenze, fino ai disturbi bipolari e alle psicosi.

Soprattutto l’EMDR si propone come terapia d’elezione in quei casi che la letteratura scientifica indica come Traumi Complessi: i traumi dello sviluppo, le relazioni traumatiche, le situazioni di traumatizzazione prolungata o estrema che conducono ai disturbi dell’area borderline, ai disturbi dissociativi, ai disturbi gravi della personalità.
L’EMDR è considerato infatti come l’approccio più valido per le situazioni psicopatologiche da traumi complessi, offrendo procedure specifiche e tecniche utili sia per raggiungere la necessaria stabilizzazione clinica del paziente, riconosciuta come una premessa indispensabile a ogni tipo di intervento terapeutico, sia per l’elaborazione vera e propria dei ricordi traumatici che si verifica nelle fasi terapeutiche piùà centrali, sia per lì’integrazione auspicata e raggiunta nei momenti finali di una psicoterapia sempre con la necessaria attenzione alla qualità e ai processi della relazione terapeutica.

Questo approccio terapeutico è utilizzabile in assoluta sinergia e in integrazione con tutti i modelli più tradizionali di psicoterapia (soprattutto, a mio parere, con la psicoterapia cognitivo-comportamentale) o di cura farmacologica.
Può rappresentare un arricchimento, una velocizzazione dei risultati, insomma un valore aggiunto che nulla toglie al patrimonio di esperienza e competenze teoriche e cliniche del terapeuta esperto, considerando che le psicoterapie tradizionali incontrano frequentemente difficoltà nel risolvere i disturbi causati da traumi e in particolare dei traumi precoci, dei quali spesso il paziente non ha neanche un ricordo consapevole.

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Fonti:

Website: www.emdritalia.it
A. Onofri, EMDR in Psichiatria. Introduzione al Supplemento. Supplemento alla Rivista di Psichiatria, 2012, 47,2
I. Fernandez, G. Giovannozzi, EMDR ed elaborazione adattiva dell’informazione. La psicoterapia come stimolazione dei processi psicologici autoriparativi. Riv Psichiatr 2012;47(2 Suppl. 1):4S-7S

Bibliografia:

Shapiro F. Eye Movement Desinsitization and Reprocessing: Basic Principles, Protocols and Procedures. New York: Guilford Press 1995; Ed. It. A cura di Fernandez I., EMDR. Desinsibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Milano: Mc Graw Hill, 2000.
Fernandez I, Maslovaric G, Veniero Galvagni M. Traumi psicologici, ferite dell’anima. Il contributo della terapia con EMDR. Napoli: Liguori, 2011.

Video: Intervista con Isabel Fernandez (presidente EMDR Europe), fonte www.stateofmind.it